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SULL’AMORE:


L’amore è dolore.
Perché ti trasforma, perché muta, si inabissa,                                    perché si nasconde, soffrendo.
Ma soffrire per amore non è un soffrire inutile.                                                Chi soffre per amore soffre nei livelli                                                                    più alti della sua consapevolezza.
Solo l’amore vero ti rende consapevole ma anche vulnerabile, fragile, indifeso, senza armatura.
Lasciare andare la tua armatura,                                                                        può essere pericoloso.                                                                                                   Ma cosa c’è di più bello di andare invece incontro all’amore                    disarmato, senza spada,                                                                                        senza avere paura di essere ferito dall’altro?
E quando la tua presenza verrà rafforzata                                                dalla presenza dell’altro,                                                                                            quando verrai aiutato a uscire dal tuo mondo chiuso e narcisista, allora avrai trovato amore.                                                                                          E saprai che quello è amore.
La verità è che tu sei fatto di amore.
L’amore ti penetra, ti pulsa dentro, ti macera ma ti insegna anche l’armonia dell’essere                                                                                                      che mette radici nella tua anima.                                                                                Radici profonde come cicatrici che porterai                                                per sempre sulla tua pelle.
Ho detto che l’amore è dolore. Vero.                                                                        Ma non avere paura,                                                                                                           non evitarlo.                                                                                                                            Se lo eviti,                                                                                                                perderai la più grande opportunità di crescere.                                                Entra nell’amore con tutto te stesso                                                                        ed entraci con tutta la tua sofferenza                                                                    perché solo grazie alla sofferenza troverai la pace.
Solo attraverso la notte più oscura troverai il mattino.


MD

LA VIA DEL MATTO

Che cos’è un matto? …Questa volta ti risponderò senza giri di parole: la follia è l’incapacità di comunicare le tue idee. È come se tu fossi in un paese straniero: vedi tutto, comprendi tutto quello che succede intorno a te, ma sei incapace di spiegarti e di essere aiutata, perché non capisci la lingua.

Paulo Coelho

Indosso degli stracci, anche i piedi sono avvolti negli stracci, sono un maschio, sono povero, faccio il mendicante; ho camminato tanto, vengo scacciato dal mio paese e anche dai miei parenti, dai miei stessi fratelli, loro dicono che sono matto, mio padre mi ha disereditato, mah! E non mi devo fare più vedere.

Appartengo a una famiglia ricca e importante, e un figlio come me è piuttosto scomodo, non ho mai accettato le loro regole nonostante le punizioni che ho ricevuto. Le punizioni hanno solo peggiorato, non il mio carattere ma le loro frustrazioni. Io penso di essere rimasto sempre uguale, senza regole, libero. Da quando sono nato hanno sempre cercato di inquadrarmi così come hanno fatto con tutti, prigionieri nel proprio ruolo, nel proprio credo, nel proprio nome, nel credo di tutti. La vita in famiglia era scandita dalle regole imposte: la mattina ci si alzava presto, ci si preparava, si faceva tutti colazione e dopo la solita preghiera, si andava a messa tutti i giorni nella cappella di famiglia adiacente alla casa, poi si poteva cominciare la giornata; venivano i precettori a darci le lezioni in casa. Di nuovo si pregava e dopo si pranzava e durante il pranzo si doveva stare seduti, non si poteva parlare, non doveva volare una mosca, prima dovevano finire tutti di mangiare e poi si chiedeva comunque il permesso di alzarsi. Potevamo parlare solo se interrogati e dovevamo dare la risposta che tutti si aspettavano, poi si andava a riposare, e solo dopo si riprendevano gli studi fino all’ora di cena e dopo la preghiera prima del pasto, poi la preghiera prima di andare a letto. E cosi, tutto uguale, giorno dopo giorno, nessuna libertà, nessun gesto d’amore, nessuna gioia, nessun gioco. A me non piaceva quella vita.

Io invece amo togliermi le scarpe e allargare le dita dei piedi e questo mi fa sentire libero. Camminare scalzo sul prato mi fa sentire felice e vivo. E per poter fare questo devo scappare! Non so quanto tempo sto fuori casa, non so quanto tempo sto a bagnarmi nel fiume, a camminare sui ciottoli mentre l’acqua mi scorre tra le gambe. Mi inoltro dentro, mi lascio portare via dalla corrente, è così bello! Tante volte mi è stato detto che non lo devo fare ma è più forte di me, lo faccio sempre nonostante le punizioni continuo a farlo, mi hanno addirittura chiuso in casa ma io sono scappato, così era la mia vita, continuava tra una stravaganza e l’altra – come le chiamavano loro. Finché un giorno mi hanno cacciato dicendo che sono grande, che non mi devo più avvicinare alla casa. Quando mi incontrano per strada mi insultano, si vergognano di me, qualcuno dice che mia sorella non riesce a trovare marito per colpa mia, che un elemento come me in famiglia è scandaloso e vergognoso.

Adesso vivo per strada, dormo sotto le stelle, faccio il barbone, non ho bisogno di cibo, non ho proprio bisogno di niente, qualche anima pietosa mi dà da mangiare e io ringrazio. Cammino e poi riposo dove e quando voglio. Vedo un masso liscio e mi ci sdraio sopra. Vedo un po’ di ombra e mi ci riposo. Vedo l’acqua e mi ci bagno. Vedo il sole e mi ci scaldo. E la pioggia !!! Quanto è bella! Apro la bocca per sentire il suo gusto! Ha un sapore tutto suo, un sapore che sa di terra e di stelle! E il vento? Bello il vento! Il vento porta via tutto! Tutti i pensieri! Il vento alza la polvere e gioca! Gioca con la sabbia facendo dei mulinelli che, dispettosi alzano le gonne delle donne trascinandosi dietro le cose della gente e se la ride il vento quando questa stizzita gli corre dietro per recuperarla. Il vento attraversa i vestiti penetrando nelle profondità del corpo rinfrescando persino le ossa e manda via il veleno lì presente! Che bello il vento! E i capelli? Anche i capelli giocano nel vento! Tutto si libera nel vento tutto si muove nel vento! Tutto segue il vento! Il vento è spettacolare!

Che altro c’è di più bello nella vita che godersi la vita? Invece vedo la gente che fugge tutto questo: piove e si chiude in casa, c’è il sole e si ripara, fa freddo e si copre. E poi …. La gente si lamenta di tutto, è scontenta, ma la loro scontentezza è dentro, dentro di loro, dentro la loro anima. La gente è scontenta ma non se lo sa spiegare. Allora dà la colpa al vento, al sole, alla pioggia. Dà la colpa ai dolori qua e là.

Invece a me guardano con pietà: “lo vedete, poverino, ha perso la ragione! Poverino, pensate, i suoi non ne vogliono sapere! E’ pazzo e non c’è niente da fare!”

Al contrario, sono io a provare pena, non per loro ma per le loro anime, perché sono costretti a vivere in questi corpi dove tutto è limitato. Vivono in un paradiso e non lo sanno! Si arrabbiano, litigano e addirittura si uccidono e non sanno cosa significa godere delle cose semplici, godersi il succo dolce di un frutto che ti scorre in gola o la bontà di un frutto appena colto da un albero, cosi fresco e maturo che ti si spacca nelle mani, il suo sapore ti esplode in bocca e tocca i suoi massimi fino al cervello quasi a farti perdere i sensi mentre il cuore accelera i suoi battiti e le tempie prendono a battere per partecipare con gioia a tanto piacere. Io ringrazio chi mi ha dato questo nettare divino! La natura? Dio? Chi sia sia, è meraviglioso! E cosi vivo! Niente altro! Io non sento caldo, non sento nemmeno freddo, non ho bisogno di nulla. Se fa freddo ci sono persone che mi portano delle coperte, ma Il mio corpo si adegua, vivo nella natura e mi adeguo ai suoi umori. Tutto qua.

So che la natura mi ama e io amo lei. Lei mi dà tutto quello di cui ho davvero bisogno, vivo così. Certe volte i bambini mi deridono ma mi fanno sorridere perché sono degli spiriti liberi! Per ora! Non è me che devono deridere ma alle loro caricature! Ognuno di loro diventerà ciò che qualcuno vorrà fare di loro! Saranno anche persone intelligenti ma pochi di loro conosceranno l‘amore, la passione, la libertà, ma soprattutto pochi di loro o forse nessuno di loro conoscerà il proprio essere, l’essere più profondo, l’essere libero che è dentro ognuno di noi. Che peccato!

Sono solo ma sono pieno di tutto! Con gli animali ho ottimo rapporto perché la pensiamo allo stesso modo e ci godiamo la vita nello stesso modo. Parlo con i lupi, con le volpi, con gli uccelli, parlo con quegli animali che vivono in libertà, non intendo gli animali che si sono dovuti assoggettare alle regole degli umani. Gli animali liberi mi trattano come uno di loro e forse anche la gente mi tratta come animale, ma io sono orgoglioso di questo, gli animali per me sono dei grandi maestri e le loro anime sono grandi, apprendo molto da loro.

La gente dice che sono sporco ma io mi lavo nei ruscelli, la mia sporcizia è fatta di terra, di polvere e di sudore. Io invece, vedo in loro altra sporcizia. La mia con l’acqua se ne va! La loro a occhio nudo non si vede ma permane e contamina, corrode le anime, assale gli organi vitali, li divora e crea malattie fino alla morte. E questo sporco è fatto di paura, di egoismo, di prepotenza, di rabbia, di odio e di vendetta. Che fare? Niente! Io non posso farci niente. Sono l’ultimo che può dire una parola, perché sono lo scemo del villaggio, quello che quando parla tutti ridono ….  ma va bene così!

Domanda:

Rispetto ai tuoi fratelli come sei? Sei forse malato? Ti definisci un malato mentale?

Risposta:

Io non sono malato. Mi definisco libero, gli altri invece mi definiscono malato mentale, neanche malato, solo pazzo, strambo. Io parlo come gli altri, studio tutto quello che studiano gli altri miei fratelli ma faccio tante domande alle quali gli altri non sanno rispondere. Allora mi zittiscono! Secondo loro le mie domande non hanno senso. Perché però si spazientiscono? Non hanno le risposte e non le vogliono nemmeno cercare. Mi rispondono sempre con le stesse cose, cose scontate che sanno tutti, è una ripetizione, ma c’è altro, ed è quello che voglio sapere io, quello che voglio scoprire. Ma per loro sono solo un matto, uno stupido stravagante.  Fisicamente sono forse anche più bello degli altri. Muoio a 45 anni, sul mio corpo ci sono i segni del tempo, la natura mi ha dato molto, ma sono come una roccia che esposta ai capricci del tempo ne porta i segni che l’hanno temprata. Ma una roccia è sempre una roccia!

Domanda:

Che altro mi dici rispetto a questa vita?

Risposta:

Ho una voglia infinita di godere la natura. Voglio vivere a modo mio come dico io, se loro mi cacciano io non ho i sensi di colpa, mi sento ancora più libero, perché sono stati loro a cacciarmi e non io a scegliere di andarmene via.

Un giorno mi trovano morto. Non so, anche la morte mi ha colto come un fiore, e io mi sono lasciato cogliere con gioia! Un’altra esperienza da fare! Un altro modo di fare! Un altro modo di vivere e anche lei ha il suo profumo, un profumo indefinito, è un essere, uno stato di essere. Così un giorno mi sono sentito potentissimo e ho visto le cose ancora con più chiarezza, vedevo ciò che succedeva, tutto fuori di me, e vedevo il mio corpo accasciato lì sotto quell’albero, e il passaggio di un contadino che mi ha toccato con un bastone, come se avesse paura di sfiorare il mio corpo per non essere contaminato. E così ho smesso semplicemente di respirare, per lui e per gli altri ero uno senza nome, venuto dal nulla, e andato chissà dove. E io vedo tutto questo. Ero solo lo scemo del villaggio. Che importanza ha il nome quando non sei nessuno per gli altri, quando per gli altri non vuoi essere nessuno. Sono stato figlio di nessuno, perché se sei figlio di qualcuno, qualcuno vuole qualcosa da te, si aspetta qualcosa da te. Il nome ti obbliga a etichette che poi devi rispettare.

Domanda:

Cosa hai imparato?

Risposta:

Vedere in prospettiva gli animi della gente, vedere la loro grandezza ma anche la loro piccolezza che a sua volta non fa vedere la loro grandezza, e questo mi dà dolore. Solo così posso vedere in trasparenza loro, e io posso vedere più chiaramente a distanza, quindi è importante. Che ti può fare un pazzo? E’ una lezione di come stare da solo e capire meglio gli animi degli altri, loro si prendono delle libertà nei miei confronti perché non faccio paura a nessuno e così posso vedere le loro miserie.

E’ tanto importante questa vita a livello evolutivo, ho potuto conoscere le persone, l’amore di chi finge, o chi l’amore non ce l’ha, chi è buono e chi invece odia, vedo tutto in trasparenza, non ci sono veli che possano coprire il vero essere. Per me questa vita è stata importante. Forse ci sarà anche un’utilità per gli altri: i genitori che ho avuto sceglievano per i figli, guidati da una grande paura, ora vedo anche il motivo della loro rigidità. La mamma mi comprendeva ma non poteva fare nulla, quando si è troppo rigidi, si esplode a un certo punto perché l’Energia segue un senso e prima o poi trova una via di fuga. Sono l’ultimo dei figli, l’ultimo venuto perché loro potessero rendersi conto della loro rigidità dovuta alla paura di essere giudicati! Non si può controllare la vita degli altri, significa, ridurre gli altri in schiavitù.

Io ho goduto a pieno questa vita e la morte è stata un’altra esperienza, un’altra avventura, tutto qua. Un giocare! Un assaporare! E cosi assaporo anche la morte che mi fa stare in questo stato di beatitudine, in questo stato di assoluto e indescrivibile Amore!  

VISIONE ETERNA

J.Sig Paulson

 

Non mi conoscono,

pensano che io sia

solo carne e sangue,

un abitante temporaneo

su questo fragile pianeta Terra 

che mi ha dato la nascita.

Perché io sono spirito,

eterno, indistruttibile,

non limitato allo spazio e al tempo 

e quando il mio soggiorno qui termina 

i miei ruoli sono adempiuti,

i miei compiti sono fatti,  

metterò da parte questa tuta spaziale                                                                                                      chiamata corpo

e passerò ad altre dimore, ruoli, incarichi

nella casa del Padre della vita eterna.

Allora asciugate le vostre lacrime

non piangete troppo per me, né per voi stessi

datemi la libertà nel nome dell’amore

che tutti ci unisce e rende eterni.

Le nostre menti si incroceranno di nuovo

i nostri spiriti grideranno con gioia e sorriso

quando ricorderemo

le vite che abbiamo vissuto

i mondi che abbiamo visto

le vie che abbiamo calpestato

per trovare noi stessi

finalmente

  in Dio.

 

UN MAZZETTO DI SPIGHE PER L’ETERNITA’

 

 “Cosa cerchi?”
”Cerco un attimo che valga una vita”.
                                                                                                            Casanova

 

Calzo delle scarpette di raso con dei fiori color beige e indosso un vestito elegante del ‘700. Porto la parrucca che mi dà fastidio, mi fa sentire caldo e mi dà prurito alla testa; il vestito stringe, è la moda di adesso. C’è un ricevimento e si potrebbe stare bene e divertirsi, ma tutto è condizionato da quello che indossiamo e dal modo in cui ci approcciamo – i cosiddetti convenevoli -, il trucco che cola, la parrucca che fa prudere il capo, il vestito che soffoca. Per cui alla fine non vedo l’ora di tornarmene a casa. C’è una sala da gioco nella quale intravedo molte persone, uomini e donne, attorno ad una roulette, seguita da un grande salone dove un’orchestra suona brani per i balli degli ospiti. Ci si conosce, ma ci sono anche tanti estranei. Io sono una donna nobile di giovane età, 20-22 anni, sposata con un altro nobile. Mio marito è molto più grande di me, e -diciamolo- mi annoio tanto con lui. Come donna sposata mi devo controllare, mentre ci sarebbero tanti giovani uomini che mi potrebbero interessare e con i quali vorrei comunicare; ma non lo posso fare perché mio marito è un anziano – ha il doppio dei miei anni- molto geloso. Trascorro quindi il mio tempo a parlare con donne sposate, anche se non me ne importa nulla dei loro chiacchiericci futili. Questo ricevimento è in realtà una riunione politica-finanziaria. In queste riunioni, mascherate da ricevimenti mondani, si prendono decisioni importanti, si stipulano alleanze, si movimentano ingenti somme di denaro, si definiscono contratti. Alcuni mettono in gioco il destino di altri uomini, altri cedono beni e proprietà per risanare le loro perdite, altri infine vengono sottoposti a ricatti e pagano dazio. Mi trovo ad assistere in questo momento ad un compromesso in cui un ricco uomo politico sta cedendo, dietro forti pressioni, una sua parte di potere, tradendo così la fiducia del suo partito. La maggior parte delle donne le ritengo stupide: parlano solo dei loro figli, di vestiti alla moda, di ricchezze e di pettegolezzi. Qualcuna fra di loro, per fortuna, si salva. Alla fine, per me potrebbe risultare anche interessante parteciparvi come osservatrice; come protagonista invece è angoscioso. Una piccola parte di loro comunque si rivelano delle brave persone. Mio marito non è interessato a me – è una persona anaffettiva -, ma solo alla politica, al cui interno ricopre un incarico molto importante. In giro si comincia a sentir parlare di rivoluzione. Vivo in questo mondo di arroganti nel quale il problema dei poveri non esiste, mentre la nazione in cui mi trovo, la Francia, è tagliata in due: noi, i nobili e i ricchi, e “loro”, i poveri e i diseredati. La situazione è difficile, le strade non sono più sicure; noi abbiamo una scorta, ma l’aria è densa, tesa, si respira la tensione per qualcosa che può scoppiare da un momento all’altro. L’esercito non permette assembramenti per le strade e li disperde al nostro passaggio; la gente ci guarda torva e io capisco che non siamo amati. Pur tuttavia io mi sento al sicuro, protetta, e credo che nulla mi possa accadere di brutto. Di fronte a tanta povertà che vedo in giro, accompagnata da tanta trascuratezza e ignoranza, mi sento davvero privilegiata per il mio rango. I poveri li considero un misto tra animali domestici e di strada, senza educazione né cultura. Mi fanno tenerezza, ma non li considero altro di più; e così li tratto.

In questo giorno particolare, mio marito rincasa agitatissimo dicendo che noi due -per fortuna non abbiamo ancora figli- dobbiamo fuggire abbandonando tutto! Non me ne capacito, vorrei riempire i bauli con vestiti, scarpe, gioielli e argenteria, ma non c’è un minuto di tempo da perdere. Scappiamo, ma, durante la fuga, dei briganti ci catturano, ci depredano e ci consegnano al popolo. Sento che in molti ci vogliono uccidere. Qualcuno suggerisce che dobbiamo essere prima imprigionati e poi ghigliottinati perché non meritiamo una morte veloce.

Non riesco a crederlo! Solo un giorno prima la mia vita scorreva tranquilla e ora mi maltrattano, mi deridono, mi chiamano “la Principessa”, mi strappano i vestiti che indosso. Le donne si appropriano del poco necessario che avevo stipato in un borsone, facendone razzia. I gioielli sono stati i primi a sparire finendo nelle mani dei briganti. Mi fanno cadere via la parrucca dalla testa. Qualcuno mi dà un pizzicotto sulle guance, dicendo che non sono niente male. Mio marito inveisce invano. Un comandante interviene dicendo loro di non esagerare perché dobbiamo essere consegnati in uno stato decente, in condizioni, dice:”regolari”.

Ora mi trovo in prigione. Sono angosciata, perché non possiedo notizie del resto dei miei famigliari. Ci sono anche altre donne qui, insieme agli uomini, perché le prigioni sono talmente piene che ci hanno mescolati tutti insieme.

– In questo ambiente tetro, lurido, pieno di orrore e di paura, incontro l’amore.

Lui è un uomo poco più grande di me, avrà meno di 30 anni. Dall’inizio mi sta vicino. Tutti e due sappiamo che dobbiamo morire, lo sanno tutti. La gente viene chiamata, esce dalla porta e non fa più ritorno. Le esecuzioni sono tante. Ognuno cerca di vivere gli ultimi momenti come delle celebrazioni. Anche noi – io e lui. Non c’è privacy e neanche più pudore. Ognuno vive gli ultimi istanti della vita come meglio può viverli. L’amore prende il posto della paura e non mi importa più di morire perché sento che ho scoperto la felicità. Io provo amore per quest’uomo! Mi auguro solo per noi una morte veloce e senza sofferenza. Ci guardiamo negli occhi e, senza una parola, ci perdiamo nella profondità degli sguardi. Mi chiedo se ci rivedremo dopo…oltre. Non mi importa di quello che ci accadrà, di quello che è stato il mio matrimonio combinato con un marito che non ho mai amato. Questi sono i momenti più belli della mia vita, i più intensi. Mi porterò dall’altra parte questi pochi giorni vissuti pienamente. Stringo con forza nel pugno cinque spighe, cinque tante quanti sono stati i giorni vissuti qui dentro; un mazzetto di spighe mature come prova da portare con me nella vita eterna. La prova della mia felicità.

Rivedo tutta la mia vita passata, in massima parte inutile, viziata, protetta, condizionata, ricca. In quei pochi giorni all’interno di una prigione mi sono confrontata con le angosce di tutti, con la miseria, la paura, l’abbandono, la morte. Qual’ è la vita, mi chiedo, il prima o il dopo? Vivere perennemente nelle comodità e negli agi, ma senza contatti né con le anime degli altri né con la mia stessa, o vivere intensamente ogni momento che ci è dato attraverso le emozioni, belle o brutte che ci appaiano, fornendo così un senso alla vita? Ora che mi sento cosi vera e ho così tanta voglia di vivere, la vita stessa mi viene stroncata e portata via… e mi dispiace abbandonarla. Guardo lui. Il nostro amore che non avrà un futuro, è valsa la pena viverlo? SI’, perché se esiste qualcosa oltre la morte, qualunque forma abbia, allora porterò là questo sentimento con me facendo in modo che mi accompagni per l’eternità. Voglio essere io la prima ad andarmene. Non posso pensare di vivere un solo istante senza di lui e non resisterei a vederlo condotto per primo verso la morte.

E poi vengo portata via. Mentre vado, mi giro a guardarlo. Ci guardiamo senza dire una parola, né addio, né arrivederci. Questo è l’attimo infinito nel quale il tempo, tutto il tempo, si unisce e si confonde con l’amore. Solo uno sguardo intenso, ricco di tante cose, di una vita mai vissuta assieme, di promesse mai espresse, di speranze mai finite, di amore. Non un addio, non un saluto perché questo amore non può finire.  Ed entrambi, io e lui, sappiamo che vivrà, che continuerà anche dall’altra parte. Ed un lieve dolcissimo sorriso ci illumina i volti.

Ora sono di fronte alla ghigliottina su un patio. Di fronte a me c’è quella macchina. Ho paura, ancora di più di quella gente assetata di sangue, che aspetta di vedere la mia testa rotolare a terra. Alcuni portano i bambini sulle spalle affinché possano assistere meglio a questo spettacolo. La mia testa cade. Davanti a me c’è solo buio. E’ finita! Rivedo in un lampo tutta la mia vita trascorsa e realizzo quanto sia bello il vivere senza restrizioni e condizionamenti donandosi scambievolmente, gli uni con gli altri, aiuto reciproco, comprensione, rispetto, e il potersi amare senza pregiudizi, scegliendo con semplicità e liberamente l’uomo o la donna da amare; il poter decidere su come vivere, possedendo la libertà di essere, di diventare, di scegliere senza diventare mai pedine nelle mani degli altri. Io tutto questo l’ho scoperto in quella prigione e ho chiara la visione di me che, quando ero una donna libera, ero costretta a vivere in una prigione, e che invece in prigione ho vissuto da donna libera. Ho amato, sono stata amata, ho soccorso, sono stata soccorsa. Non esistevano classi sociali lì dentro che ci potessero più dividere, eravamo tutti uguali uniti nella sofferenza.

Ora sono più avanti nel tempo e sono completamente trapassata.

Vedo un essere di luce! Sento che mi sta parlando! La sua voce è chiara dentro di me. Mi dice che l’importante è l’amore e con l’amore la libertà! Quando si prova amore la libertà dispiega le sue ali perché volando ti recherai a portare benessere agli altri e a te stesso. E per “benessere” s’intende lo stare bene, quando ti senti felice per quello che stai facendo, quando hai reso felice qualcun altro, quando qualcun altro ti ha reso felice. Questo intendo per amore! Così è!

 

Ho alle spalle le costrizioni, i dolori, gli obblighi, i matrimoni combinati, la miseria dell’anima, il rispetto eccessivo e la devozione verso dei genitori severi. Penso che se chi dovrebbe preoccuparsi per la felicità altrui non lo fa, non riuscirà a recare di certo benessere al suo prossimo. Non riesco a dimenticare le frasi:“Lo devi sposare per il futuro di tutti noi, fallo per me, devi obbedire, non puoi pensare questo, Dio non avrà pietà di te, non parlare con quella gente perché non è del nostro rango,  che ti importa di quello – è un miserabile …”

 

Mi sento insoddisfatta, e questa sensazione me la sto portando in un’altra vita, aiuto!! Non riesco a liberamene.

 Chiedo all’essere di Luce: “come si fa a sentirsi soddisfatti? “.

Mi risponde di METTERE AMORE IN TUTTO CIO’ CHE FACCIO! Di essere sempre presente! Quando si pone l’attenzione sulla propria vita, costantemente, istante dopo istante, ci si sente pienamente soddisfatti, poiché si colgono tutte le risposte. L’essere umano rimane insoddisfatto solo quando non possiede le risposte. Ma se si vive nel presente e si pone l’attenzione alla motivazione e ci si chiede il perché, la risposta arriva, SEMPRE, e quella domanda, come le altre, sarà soddisfatta. Quando le risposte ci siano arrivate si acquisisce la consapevolezza, la saggezza e la comprensione.

La Guida mi dice di ESSERE FELICE, di vivere ogni giorno come quell’ultimo vissuto in prigione in cui mi sono sentita libera. Mi dice di dare importanza ad ogni azione della vita e di arricchire in questo modo il tempo con l’amore perché la vita non smetterà mai di stupirci.

 

 

LE MIE DOTI

DA NEPAL CON LE MIE CIOTOLE

 

ciotole-nepal 

 “Cerca di diventare non un uomo di successo ma piuttosto un uomo di valore.”  Albert Einstein

Ho un vestito lungo addosso, attorno a me vedo l’erba verde e delle montagne. Sono un uomo e vivo in Nepal. Al mattino prego. Poi raccolgo delle erbe, ho una borsa di pelle a tracolla e le metto lì.  Le annuso le erbe, ho la pelle ruvida sulle mani ma non sono sporche di terra. Incontro una donna, lei non mi guarda, ma si inchina, le prendo le mani, le tocco il cuore e lei va via. Continuo a salire più su, in montagna, scavo le radici, mi siedo. E’ il mio lavoro a raccogliere le erbe. Mi conoscono. Vedo delle capre, una viene da me e io la accarezzo, le tocco la barba. Mi alzo e scendo velocemente. Vedo il villaggio a forma rotonda con delle capanne, c’è il fuoco acceso e sento il profumo del fuoco. Entro in una capanna, vedo le ciotole di ferro, le lavo e schiaccio le erbe. C’è un odore strano misto di erbe, latte e terra. Faccio un impasto con del burro e formo delle palline. Arriva un uomo e si inginocchia. Io li prendo le mani. Lui sta male. Per terra c’è una pelle di capra e lui si sdraia sopra. Io grido – mi viene dalla pancia, lui rimane tranquillo e disteso e poi soffio il vento e muovo le mani, è bellissimo e prendo le ciotole e le batto con un mortaio molto forte, ho una sensazione bellissima, provo amore, faccio degli strani versi con la bocca, un sibilo. C’è un silenzio sacro ora. Respiro e creo un alone di luce che avvolge me e lui e rimaniamo così per un po’. L’uomo si alza, ci prendiamo le mani, mi fa vedere la sacca piena di latte, questo è il mio prezzo, ho bisogno del latte di capra. E’ arrivata una donna, le tendo la mano sinistra e lei entra nella capanna. Ha gli occhi malati. C’è poca acqua in questo posto, le pulisco gli occhi con il latte, le sfioro i capelli e la fronte. Ha i capelli scuri. Passo le mani su tutta la testa. La sto guarendo, lo faccio ancora per un po’, poi la faccio distendere e le appoggio le dita a lato della fronte e canto di gola. Lei ora sta bene, è rilassata e io sono felice. Lei si alza e mi dà delle cose – pane e legumi da mangiare e io sono contento. Ci salutiamo. Rimango da solo e mi sento solo. Sento l’amore forte quando capita quella cosa in quello spazio in cui mio cuore impazzisce. Invece ora sento solitudine. Le persone mi amano ma io mi sento solo.

E’ passato del tempo e io ho la barba bianca e lunga, c’è un cane con me, continuo a curare le persone. C’è molta luce in questa casa dove sto, per terra un tappeto. C’è una donna, siamo seduti a terra. E’ tornata la vita e io mi sento bene, provo amore, non abbiamo figli, faccio fatica a muovermi, le mie ciotole sono lucide, non raccolgo più le erbe. Suono le mie ciotole. Non potrei fare altro. Sono curvo. Adesso vado via. So che devo andare. Lei mi saluta. Cuore su cuore. Torno su. In montagna. Piano piano. Ho un bastone. Vado sulle mie montagne. Vado a morire. E’ il posto più bello per morire. Guardo di nuovo il cielo. Tutto è come sempre. Guardo le aquile che volano. Mi sdraio. Sento l’odore della terra. Sto lasciando il corpo. Lo vedo questo corpo. C’è tanto silenzio. All’improvviso mi sento confuso. Non so dove sono. Ho paura. Non vedo niente. Adesso vedo un tunnel. Finalmente vedo un’uscita. Vado lì. Verso la luce. Sono più leggero. Ora mi sento bene. Mi sto rilassando. Non c’è più niente eppure c’è la mia coscienza. Dio mio fai qualcosa di me! Mi fa male il cuore. Questa coscienza mi ricorda il dolore, le botte che ho preso.

NIENTE MUORE!

Sono cresciuto da solo. Conosco bene la terra. Ricevevo solo botte. Ho vissuto in mezzo agli animali. La terra è stata la mia amica. E poi le capre ed il Sole e le Montagne. Ho imparato tutto lì e così ho guadagnato l’amore ed il rispetto delle persone. Se non avessi provato tanto amore per la terra non sarei stato capace a curare le persone. Avevo odiato le persone tanto. Tantissimo! Ecco perché tanto dolore nel mio cuore. Ho odiato tanto quando ero bambino. Ho gridato, ho graffiato e soffiato e poi ho imparato a usare le cose per curare le persone. Perché sento questo dolore nel cuore ancora? Cosa ho sbagliato? Come faccio a non odiare? Devo tornare! Devo rinascere! Ho bisogno di dolcezza, leggerezza e di armonia. Ho bisogno di fare pace con gli uomini. Ho bisogno di avere fiducia. Ho bisogno di sapere che non sono solo.

Vedo un essere di luce e gli faccio queste domande:

Dimmi quale è la cosa che devo imparare? Lui mi risponde dicendo: Ama le persone come la terra, come l’acqua, come il vento, come le aquile. Non avere paura delle persone. Non avere paura! Non avere paura …

Dimmi cosa porto con me da questa vita? La guarigione, la comprensione e questo grande amore.

Dimmi cosa posso fare per superare questa prova? Avere fiducia nelle persone, fiducia e anche gioia e allegria, ama le persone come la terra, non come facevi prima, curavi le persone perché volevi essere amato, avevi paura delle persone. Impara a riconoscere le aquile nelle persone. Questo è il tuo compito:

non avere paura delle persone e non avere paura di usare questa forza!

 

ALTRI MOTIVI PER FARE LA REGRESSIONE 2

ALTRI MOTIVI PER FARE LA REGRESSIONE 2

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Terapeuta:  Dal mazzetto delle carte alle vite passate prendine una e guardala attentamente.

Cliente:  Ho preso la carta con la dicitura “VOTI”. Hmmm!!!

Terapeuta:  Ora chiudi gli occhi, rilassati facendo alcuni respiri lunghi e profondi e va all’evento in cui i voti ti hanno procurato un disagio.

Cliente:  Vedo una torta nuziale, si sta celebrando un matrimonio. L’attenzione ora non è più sulla torta nuziale ma si focalizza nella cerimonia matrimoniale in chiesa. La “guida” che mi assiste in questa regressione, mi spiega che le parole del rito sono così incisive da essere considerate veri e propri “voti”. “Di assistervi nella buona e nella cattiva sorte… Finché morte non vi separi… Ecc. ecc.

Terapeuta:   Bene! Ora chiudi l’evento e lascialo andare. Fai alcuni respiri lunghi e profondi e torna a un evento precedente a questo in cui i voti ti hanno dato disagio.

Cliente:         sono in terza elementare. La mia famiglia ha traslocato, mi trovo in una nuova classe e non vado bene. I miei voti sono bassi e io mi sento malissimo… Il giudizio che la maestra ha nei miei confronti è piuttosto scarso e anche quello dei compagni della mia classe si conforma a quello della maestra. I miei genitori mi lanciano degli sguardi torvi perché ho deluso le loro aspettative e io desidero morire.

Terapeuta: Bene! Chiudi completamente l’evento e lascialo andare. Respira profondamente e torna all’evento precedente a quando i voti ti hanno provocato disagio!

Cliente:  Percepisco una luce intensa accanto a me, come una presenza che mi parla. Il messaggio si riferisce alla questione dei voti e mi dice quanto sia deleterio giudicare un bambino attraverso i voti. Come può misurarsi un’anima in crescita con un punteggio da 0 a 10? E come può, un bambino, migliorarsi quando la sua autostima è ridotta in cenere? Che uomo sarà? Avrà amore per se stesso?

E’ amore tutto questo?

Qualsiasi voto è contro l’Amore.