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SINDROME DA STRESS POST-TRAUMATICO

Uno degli effetti più disastrosi di una calamità naturale è quello a carico della nostra psiche. Sindrome da stress post traumatico, depressione, ansia, accompagnati da forti emozioni negative quali rabbia, senso di colpa, frustrazione, senso di impotenza. Veder passare su una barella improvvisata i cadaveri dei figli dei tuoi amici e delle persone a te care, aspettare sotto le macerie che qualcuno ti tiri fuori, farsi largo tra sassi e polvere nella speranza di trovare vive le persone amate, attendere una telefonata in cui si viene, purtroppo, informati della morte dei propri cari. Ecco, tutto questo e molto altro ancora segnano indelebilmente le esistenze dei sopravvissuti,  che, oltre a dover trovare il modo di ricostruirsi una vita e un nuovo modo per sbarcare il lunario, si trovano a dover fare i conti con un fortissimo shock e la sofferenza legata alla scomparsa di vite umane. Vedere F.B. che in una carriola porta i cadaveri di una tua cara amica e sua madre mentre esclama ” Non avrei mai pensato di portare via i miei amici morti con una carriola”. Sentire A.C. esclamare al cimitero davanti alla tomba di figlio, nuora e nipoti “Ci dovevo stare io qui, non voi!”. Aspettare ore, anche giorni in alcuni casi, che i congiunti, familiari, parenti, amici, vengano estratti dalle macerie. Un esperienza cosi drammatica non può non portare con sé uno stato di profonda sofferenza, un bagaglio pesante.
Nelle tende allestite dalla protezione civile durante i mesi successivi al 24 agosto 2016 erano presenti psicologi inviati dalla Regione Lazio, ma cambiavano molto spesso, essendo inviati in missione e, smontate le tende, anche il loro lavoro è terminato. È così spettato a ciascuno di noi terremotati farsi carico , in caso di necessità, di cercare e pagare uno psicoterapeuta e medici cui ricorrere , assillati da disturbi insopportabili, come insonnia, incubi, inappetenza, pensieri suicidi, senso di colpa.
“In qualità di naturopata e psicologa negli anni mi sono capitati molte persone che avevano subito dei terremoti – da Irpinia, Romagna, Veneto, Aquila fino ad Amatrice ” – dice la Dr.ssa Katerina  Kratka, psicologa di Roma-  “Lo stress psico- fisico della terra che trema porta allo squilibrio di ogni aspetto della vita di ciascuno. La distonia neuro-vegetativa porta al sonno non ristoratore e profondo, all’inappetenza e altri problemi digestivi, il mal di testa, la difficoltà a concentrarsi, la difficoltà di riprendere la guida della propria auto  ecc. Un altra questione è quella di riorganizzare la propria vita: coloro che prima del sisma vivevano una vita soddisfacente e avevano una buona grinta per affrontare qualunque difficoltà , dopo il sisma hanno cercato di rimboccarsi le maniche per ripristinare l’equilibrio precedente. Quella condizione prima del sisma era per loro un punto di riferimento, mentre coloro che prima del sisma vivevano nei disagi della precarietà sicuramente hanno vissuto la ricostruzione con molta più fatica. La storia che mi ha colpito maggiormente è la storia di una donna molto giovanile e molto grintosa di Amatrice, che aveva perso il marito e tantissimi amici, oltre che la casa. Dopo il quarto sisma ha deciso di  prendere il suo unico affetto rimasto (il cane ) e cercare il rifugio dai genitori in un piccolo centro in provincia di Roma.
Anche nel suo caso, i suoi disagi fisici e un lavoro non retribuito adeguatamente non avevano creato una solidità su cui appoggiarsi dopo la tragedia. Senza lavoro, senza casa e senza salute questa donna coraggiosa ha ricominciato da zero.
E da zero con un aiuto pressoché ridicolo da parte dello stato, ogni giorno alle prese con una burocrazia assurda, poco a poco è riuscita a ritrovare  se stessa.
Ha ricominciato ad alimentarsi regolarmente, l’esercizio fisico è stato di fondamentale aiuto . Il sonno, l’udito fortemente peggiorato ed il sorriso sereno sono ancora da ritrovare ma sono sicura che grazie alla sua determinazione ce la farà”.
La Dr. ssa Maria Santa Lorenzini, psicologa di Roma e Pres. Arcat Regione Lazio, ha creato un progetto di sostegno psicologico post sisma in Amatrice.
“L’esperienza nasce oltre che dalla professione ( sono una psicoterapeuta di Roma) dal vissuto personale  famigliare che ci ha visto coinvolti nel sisma dal 24 agosto 2016 ( a Castelluccio) al 30 ottobre 2016 a Norcia. Abbiamo svolto tantissimi colloqui di sostegno psicologico in via informale. Questo ci ha portato a proporre un progetto con sede in Amatrice, ma rivolto a tutto il cratere, che sarebbe stato finanziato da quel momento dalla nazionale terremotati, un progetto che prevedeva 10 incontri, un.supporto psicologico quindi.” La dottoressa infatti mi contatto’  per essere messa in contatto coi servizi sociali di Amatrice prima e un associazione dopo, con la disponibilità di un container come luogo per gli incontri. ” Non siamo poi riusciti a realizzarlo, in quanto le persone di Amatrice in quel periodo non riuscivano a partecipare, chiusi in una profonda depressione. Stiamo  parlando del periodo relativo  a settembre ,ottobre ,novembre 2018 arrivando fino a dopo gennaio 2019″ – due anni dopo il sisma, un periodo in cui ciascuno di noi ha dovuto provvedere autonomamente ai propri problemi psicologici.
“Questo significa che la loro depressione e il loro  sconforto è in realtà andato oltre l’aspetto psicologico, quindi stanno diventando vere e proprie patologie.
Immobilismo istituzionale, passerelle senza nulla di fatto, il senso di presa in giro e di impotenza che coglie le persone della Comunità aumentano frustrazione e depressione con esito nefasto per tante vite.
Vedere ruspe, cantieri, impossibilità di tornare a lavorare.                        L ‘ attivismo da parte delle istituzioni aiuterebbe tantissimo da un punto di vista psicologico le famiglie  a non mollare . Mentre i giovani possono comunque pensare di andare via ( anche se non è una buona cosa lasciare la propria terra e le persone del posto non vogliono farlo ), gli anziani si lasciano addirittura morire .Le categorie più fragili purtroppo non hanno nessuna capacità in questo stato di riemergere. Hanno bisogno di speranza, ma tangibile ,concreta, tipica delle persone abitanti di montagne abituati a essere lavoratori concreti. A quasi tre anni dal sisma  tutto è fermo e alienante.
Il terremoto ci ha tolto tante vite ,le case, i beni materiali, ma la burocrazia e la politica stanno togliendo la vita!”
Un percorso riabilitativo, che non è un progetto a scadenza, ma un cammino lungo,  richiede tempo e soldi, ed anche la nostra riabilitazione post sisma è sulle spalle di noi terremotati. È giusto cosi? Nel frattempo che chi di dovere mediti, continuiamo da soli questo percorso.
Emanuela Pandolfi
 

 

IL TERREMOTO IN REGRESSIONE

IL TERREMOTO IN REGRESSIONE

terremoto

Recentemente un devastante terremoto ha colpito duramente tante persone nel centro Italia. Chi ha perso i propri cari, chi ha visto crollare la propria casa, chi è rimasto senza un posto di lavoro, chi è a piedi senza un mezzo di trasporto per non parlare della minaccia notturna o l’ansia di andare a dormire. Molti hanno avuto bisogno di aiuto specialistico a livello psicologico per affrontare il trauma. E la regressione è un valido e concreto mezzo per elaborare un tale trauma. Permette di sciogliere le emozioni, ritrovare l’armonia e poi in un secondo tempo ripristinare la forza di affrontare la realtà. Ho potuto essere di aiuto a diverse persone colpite direttamente.

Ma ora ti voglio informare di un’altra categoria delle persone. A questa categoria appartiene anche la persona di cui ti voglio parlare. Questa donna si trovava al momento del terremoto a circa 200 km dall’epicentro perciò le scosse avvertite quella notte erano molto deboli. Non c’è stato nessun danno né a persone né a cose. Nessuno dei suoi cari si trovava nella zona critica quindi non c’è stato nessun motivo di preoccupazione. Eppure la signora ha avuto una reazione molto forte. Il senso di angoscia, paura e di disperazione le ha pervaso cosi forte da cercare l’aiuto per dare una motivazione alla sua reazione inadeguata.

In uno stato di trance molto leggera ha rievocato l’evento recente. E poi alla domanda: “Esiste un evento simile precedente a questo?”  la signora ha iniziato ad evocare un evento accaduto circa 400 anni fa e che ora ti descrivo

  • UNA VITA DA PECORA

“Chi sulla terra non fa valere la sua parte Divina
non ha, neanche agli Inferi, riposo.”  

Holderlin, Invocazione alle Parche

Domanda:

Chi sei?

Risposta:

Sono un uomo vestito con un saio marrone, sono un frate francescano e con altri tre fratelli stiamo ricostruiendo un muro crollato, mentre si cercano persone sotto le macerie, altri sotterrano morti, c’è stato un terremoto.

Mi colpisce un piccolo cane che guaisce ansioso scavando frettoloso sotto le macerie, è evidente che lì sotto c’è qualcuno molto importante per lui e fa di tutto per attirare l’attenzione delle persone affinché qualcuno possa aiutarlo nella ricerca. Sono commosso nel vedere questo cane disperato e nello stesso tempo attivo verso la persona che ama. Finalmente tirano fuori un uomo, è davvero ancora vivo anche se respira a malapena, il cane lo accoglie scodinzolando felice, gli lecca tutta la faccia nel tentativo di aiutarlo a riprendere i sensi. Alcune donne si prendono cura di lui, e non solo di lui, ci chiedono le lenzuola pulite, le erbe, l’acqua. Andiamo avanti con la ricostruzione perché serve al più presto un riparo dove ricoverare i feriti e i malati, portiamo aiuto dove serve.

Domanda:

Che altro succede?

Risposta:

Siamo francescani e non siamo ben visti perché curiamo con le erbe, cerchiamo di salvare le vite e molti dicono che andiamo contro la volontà di Dio, che quello che è accaduto è la punizione di Dio perché siamo peccatori e quindi noi saremo puniti in modo più duro. Lo dice il prete di un’altra congrega e parla con parole minacciose. Semina paura. E’ tanta la gente che si unisce a lui e lo segue per paura che potrebbe succedere qualcos’altro. Il tipo sta incitando la folla alla violenza e la ferocia si sta accendendo come la cenere sotto la brace. Ho voglia di tirargli una sassata per farlo tacere. Mi fa sentire in colpa e impotente perché non trovo il modo per fermarlo. E’ ignorante e stupido e semina terrore, vorrei che un fulmine lo colpisse, che sprofondasse sotto terra. Ma noi continuiamo a costruire i ripari, ci sono altri che portano acqua, candele per fare la luce.

Dico a questa moltitudine di scegliere da che parte stare e se pensano che siamo noi il male allora devono seguire lui e chi non ha paura può rimanere. Parlo tra le righe. Non voglio tirarmi dietro il furore della folla, parlo la stessa lingua di quel cretino e lascio a loro la scelta. Dico loro che è vero che la catastrofe è avvenuta per opera di Dio, ma tutto ciò è accaduto perché ci ha voluto mettere alla prova per verificare la solidarietà che c’è tra gli esseri umani, cioè, quanto aiuto reciproco siamo disposti a darci. Mentre affermo tutto questo, sono in collera con me stesso perché non credo affatto a quanto asserisco.

La gente è aumenta. E’ tanta. Si crea una catena umana che separa “quelli da noi”. La ressa urla perché è superstiziosa e ha paura. Sono arrivati i soldati. Li ha mandati il sindaco della città. Devono chetare l’ostilità che sta diventando davvero pericolosa. Il prete è furibondo, incute panico. Tra i soldati c’è un ragazzo cresciuto nel convento tra noi e conosce le nostre intenzioni, ci difende insieme agli altri soldati. E’ rimasto comunque un nostro fratello anche se ha preso un’altra strada, perché voleva crearsi una famiglia, si era innamorato. I soldati riescono a sedare la faida, ma il prete minaccia che non finirà qui, che ci denuncerà alle autorità e ci manderà al rogo. E’ solo questione di tempo secondo lui.

Domanda:

Hai detto che sei in collera con te stesso perché non credi a quanto asserisci. Perché? A cosa credi?

Risposta:

Tutti temono questo Dio. Pensano a un Dio punitivo che ci manda carestie, calamità naturali e distrugge perché non siamo come Lui ci vorrebbe. E noi come schiavi ci sottomettiamo al Suo volere e temiamo le Sue vendette cercando di essere buoni. Ci fa vivere nella paura e nel giudizio. Ci autodenunciamo pensando di essere migliori degli altri.

L’umanità mi sembra un gregge di pecore belanti: “beee, beee, beee.” Belano tutti dalla paura e io stesso belo tra loro, pecora tra le pecore. Del resto non so come uscirne. Intorno a questo gregge si aggira un branco di lupi che si ciba delle nostre paure e ci assoggetta a esso riducendoci a vivere come schiavi. Mi sono chiesto chi sono questi lupi? Che vogliono da noi? Come usano il potere per annientare l’umanità e ridurla in schiavitù? Mi sono accorto che anche tra di loro ci sono i lupi e le pecore …. Che ne sarà di noi? Io non voglio essere né lupo né pecora, non voglio seguire la loro fame che non riempirà mai i nostri stomaci. La mia fede vacilla ma non ho altre fedi. Vorrei fuggire ma non so dove. Vorrei credere in me stesso ma mi sento così piccolo, insulso, mentre la rovina ci sotterra, la miseria ci divora, la paura ci annienta. Faccio quello che posso, a volte ubbidisco a volte no. La sera nelle preghiere faccio la somma della giornata, qualcuno è morto e io sempre vivo. Mi chiedo perché? Che vuole da me questo Dio? Vorrei che mi lasciasse in pace. Perché ci dà queste prove? E’ questo il Suo amore? Che vuole da noi?

Domanda:

Torna indietro nel tempo a quando avevi circa otto anni. Cosa ricordi?

Risposta:

Ho circa otto anni e vivo in convento. Confine italo-francese tra 1500 e 1600, dal convento si vedono le montagne, parlo il dialetto. Sono cresciuto in questo convento. Anche qui nel convento ci sono buoni e meno buoni. Il superiore è buono, è come un padre per me. Si chiama Vincenzo e sono felice in sua compagnia. Padre Vincenzo è un frate anziano che mi riempie d’amore, mi tratta con garbo e gentilezza; mi istruisce, mi insegna tante cose e io mi sento amato. Penso che sia lui Dio e nessun altro. E’ lui l’Amore. E’ lui la Saggezza. Io sono devoto a lui e a nessun altro. Mi ha insegnato tante cose. Un brutto giorno ho appreso la notizia che Padre Vincenzo è morto e io sono devastato dal dolore. Uno ha detto che era così buono che il Signore lo voleva accanto a sé. Ho odiato quella persona e anche quel Dio che vuole tutto per sé. E’ questo l’amore? Anch’io voglio morire, che senso ha ora la mia vita senza di lui? Lo odio, lo odio, lo odio.

Domanda:

Sei adulto ora, come consideri l’amore?

Risposta:

Secondo me l’amore è quello che ho conosciuto attraverso Padre Vincenzo e manifestato dal cagnolino che cerca tra le macerie il suo padrone. Per me sono loro i miei maestri.

Non posso dire a nessuno questi pensieri perché sanno di eresia, bisogna che stia molto attento. La cattiveria degli uomini è immensa, fatta di paura, prevaricazione e soprattutto di superstizione. E’ questo l’inferno! Non c’è altro inferno al di fuori di questo. La morte è la liberazione ed il paradiso non so se esiste. Vorrei togliermi questi abiti che mi pesano. Vorrei anch’io far parte dell’esercito come il ragazzo cresciuto fra noi, anziché stare qui a pregare un Dio che non condivido. Il ragazzo conosce il suo padrone e sa a chi obbedisce. Ma io a chi obbedisco? Mi sento annientato. Mi trascino dentro questo saio perché non so vivere in mezzo agli uomini. Conosco solo la vita di campo e di preghiere. Sono inaridito. Non ho fiducia nell’umanità. Ognuno pensa ai fatti propri. Anche io non ho il coraggio di fare quello che desidero e mi sottopongo a punizioni con lavori duri. Sono istruito ed educato ma dentro ho odio verso il Signore e devo contenere la rabbia in ogni momento. Mi strappo le vesti perché ODIO quel Dio. Eppure ce l’ho dentro quel Dio che si nutre come una bestia famelica della mia anima. Ho deciso di non nutrirlo più. Quel Dio assettato della mia rabbia deve morire di fame. Respiro l’aria pulita, passo ore nella solitudine e nella meditazione. Con queste pratiche lentamente il mio corpo si purifica e io non penso più a Lui, posso stare anche da solo e prego per conto mio. Tutto questo accade prima del terremoto. E poi arriva la catastrofe e io vedo tutta questa gente che pensa a loro Dio. Io ho perso la fede. Credo al corpo pulito. Ma penso: dove andrà la mia anima dopo la morte se non vorrà andare da quel Dio? Sarà dannata? Dove andrà?

Muoio all’età di 65 anni nel convento. Ho acquisito una sottile saggezza che mi permette di dire le cose senza espormi, non posso fare altro, non mi sento di fare altro. Muoio con una stretta al cuore mentre zappo la terra. Sono contento di lasciare questo mondo e di cadere su questa terra profumata. Mi sono preparato questo letto di terra che mi accoglie senza forze.

Posso finalmente gettare la maschera e non mi importa di sapere che ne sarà di me. Lascio il mio corpo e anche il mio saio che mi hanno protetto. In fondo sono stato tra i fortunati perché non ho conosciuto né la fame né la miseria ma ho conosciuto la miseria dell’anima.

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Eccoci ad alcune considerazioni finali: questa regressione è stata trascritta fedelmente nel suo racconto e non nella sua elaborazione (quella è valida e utile solo per la signora stessa ma non per te che leggi, quindi non viene menzionato il benessere raggiunto alla fine della regressione). Per finire vorrei soltanto sottolineare alcuni aspetti: 1) il passato ci condiziona senza che ce ne rendiamo conto, 2) in uno stato di leggera alterazione di coscienza ci spogliamo dalle maschere e vediamo tutto molto chiaramente, non usiamo mezzi termini, smascheriamo le bugie, notiamo i propri limiti, non si può che essere veri, 3) la vita ci ripresenta la stessa situazione per darci la possibilità di trovare una migliore soluzione di sopravvivenza (in questo caso sciogliere il disagio del passato) 4) per evolvere un’intera società a livello etico e spirituale ci vuole molto molto molto tempo – vedi soltanto una sottilissima evoluzione in 400 anni – questo ci insegna di avere tantissima pazienza con se stessi, di procedere nella crescita personale con i guanti bianchi e di essere molto benevoli quando sbagliamo.